San Nicola di Casole
L'abbazia di San Nicola di Casole, situata poco a sud rispetto alla città di Otranto, rappresenta uno dei più importanti siti storici e archeologici della regione. Fondata nel 1046, quest'abbazia benedettina divenne uno dei centri monastici più influenti del Medioevo, grazie soprattutto alla sua vasta biblioteca e al suo scriptorium, dove venivano copiati e studiati numerosi manoscritti antichi.
Articolo a cura di Federica Piconese
San Nicola viene fondato nel 1099 per volere di Boemondo I, principe di Taranto e Antiochia, figlio di Roberto il Guiscardo. Il loro intento era di entrare nelle grazie dei monaci a loro volta perfettamente inseriti nelle maglie sociali, figure, dunque, fondamentali per i regnanti. L’abbazia fu dedicata a San Nicola e retta da monaci che seguivano la regola di San Basilio, e affonda le sue radici nella stretta relazione con i grandi avvenimenti che i monaci, con rigore e devozione , trasferivano da una lingua all’altra. Essi offrivano vitto e alloggio a chiunque volesse apprendere la lingua e la civiltà greca. ( un moderno college ante litteram). Alla fine dell’Ottocento a Torino si scoprì un codice casolano, era il Typicon del monastero, una sorta di diario quotidiano con informazioni e notizie sul cenobio, regole, elenco degli egumeni a partire dal 1098 al 1469; San Nicola de Casulis dunque,un luogo da sempre abitato dalle parole. La vita dei monaci era improntata alla pietà e all’austerità. Ma casole era il monastero più ricco dell’Italia meridionale. Il monastero era governato dall’ egumeno che aveva il compito di far rispettare le regole e punire severamente le infrazioni. Era anche il padre spirituale. Veniva eletto dai monaci, ma era soggetto all’approvazione dell’arcivescovo di Otranto.
Conduceva vita simile a quella degli altri monaci e non poteva accumulare ricchezza, né tenere servi per sé o per il monastero. Probabilmente rettore della scuola di pittura, uno di questi monaci era Pantaleone maestro mosaicista greco-idruntino che ci ha lasciato un esempio per grandiosità, raffinatezza e complessità: il mosaico della Cattedrale di Otranto, opera ancora non completamente decifrata e per questo carica di mistero nell’interpretazione iconologica dal forte potere evocativo.
Esso rappresenta l’albero della vita lungo il quale si snodano le principali rappresentazioni. Il cenobio di Casole comprendeva anche una biblioteca e uno scriptorium Nel medio evo gli alfabetizzati erano pochissimi e appartenevano generalmente alle classi più elevate e al clero, sia secolare che regolare. Pochissimi si potevano permettere il lusso di avere dei libri. VII abate di San Nicola di Casole, Nettario fu filosofo, teologo, polemista; quando diverrà abate Federico II ne farà il suo consigliere e ambasciatore. Dai suoi viaggi in oriente, Nettario porterà a Casole molti e preziosi codici che formeranno il nucleo di una delle più prestigiose biblioteche del Medioevo. Era un convinto sostenitore che la cultura classica fosse anche strumento di perfezione spirituale e si impose per la sua spiccata personalità e vasta cultura.
Intorno a lui, a Otranto fiorì un circolo di poeti e intellettuali che portò alla nascita di un nuovo movimento : L’umanesimo bizantino in terra d’Otranto, una nuova corrente letteraria che si inserisce nel contesto culturale nazionale, insomma una sorta di umanesimo greco-cristiano.
Casole fu quindi tra l’XI e il XV secolo un luogo s’incontro tra la cultura greca e quella latina, che qui convivevano pacificamente. Il monastero più ricco dell’Italia meridionale ebbe vita tranquilla per alcuni secoli fino all’evento più traumatico dell’età moderna, la fine dell’impero romano d’Oriente avvenuta nell’anno 1453. Il cardinale Bessarione pensò anche di organizzare una crociata e fu proprio lui ad intuire il grave pericolo turco e a trarre in salvo alcuni preziosi codici di Casole. Poi il 1480, quello che si paventava, si avverò e il 28 luglio i turchi sbarcarono a Otranto e il grande sogno finì, il monastero simbolo di unione delle culture, crollava distrutto dai turchi; Illusi che il sapere potesse imporsi sulla violenza, sulla ferocia assassina dell’esercito di Ahmed Pascià , coloni e studenti, uniti nell’abbazia opposero resistenza, ma a nulla valse il loro coraggio: i monaci furono in parte uccisi e in parte cercarono la fuga verso luoghi più sicuri.
Lo scorrere dei secoli ci ha lasciato pochi ruderi per ricordare Càsole e la sua storia, ma bastano per capire la grandiosità della struttura, la sua navata coperta da volte, e tra quei ruderi, ancora oggi, chiudendo gli occhi si ha l’illusione di percepire parole sussurrate dalla fredda tramontana idruntina che raccontano le vite laboriose dei monaci, il fruscìo delle pagine sfogliate dalle loro sapienti mani che tanto sapere hanno tramandato.