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Il Monumento agli Eroi e ai Martiri del 1480

Il Monumento ai Martiri e agli Eroi di Otranto è un luogo di grande importanza per la comunità locale. Ogni anno, il 14 agosto, si tiene una commemorazione per ricordare il sacrificio dei martiri, con cerimonie religiose e civili che coinvolgono la popolazione e le autorità locali. Questo monumento è non solo un simbolo di memoria storica, ma anche un punto di riferimento culturale e spirituale per Otranto e per tutta la regione del Salento.

Lo Stemma

Il pendente sulla fronte che raffigura lo stemma aragonese.

Il simbolo di Otranto

Il cammeo sulla corona con il rilievo della Torre del Serpe, simbolo della Città di Otranto.

La croce

La Croce rappresenta la fede. La statua la stringe a sè, in segno di protezione da chi la minaccia.

Dal discorso di Pio Bruni, sindaco di Otranto, pronunciato il 3 dicembre 1922, durante l''inaugurazione solenne del Monumento agli Eroi e Martiri di Otranto alla presenza del Principe di Piemonte: "A noi sia consentito solo una cosa; adempiere ad un dovere, ringraziare cioè il presidente del Comitato, l'egr. avv. Vittori, dell'onore a noi fatto dando in consegna questo prezioso monumento e promettergli con animo commosso e riconoscente che Otranto saprà ben custodirlo e tenerlo caro in pegno come una cosa sacra, poichè questa magnifica statua, cui la mano d'insigne artista ha dato quasi un soffio di vita, ha per noi otrantini un valore inestimabile; essa per noi rappresenta tutto, in essa vediamo pure i due più puri e cari ideali. Patria e Religione. Queste due gagliarde forze che resero degni di ammirazione o di venerazione gli ottocento e più cittadini di Otranto decollati sulla collina della Minerva nel 1480. Sì, Otranto, la vigile sentinella del Mare Adriatico, la piccola città che stassi a sprone del tallone d'Italia, la derelitta cittadina, oggi a voi, egregio presidente, promette con fede ferma di custodire gelosamente e religiosamente l'opera insigne al cospetto di sì Augusto testimone."

Genesi del Monumento agli Eroi e Martiri idruntini del 1480

Uno dei primi documenti relativi alla necessità di realizzare il Monumento che commemorasse i fatti di Otranto del 1480 e 81 risale a una missiva di Mons. Paolo Ricciardi, Santi nostri e Feste, Editrice Salentina-Galatina. Consiste in una missiva inviata al quotidiano torinese L'Italia Reale e datata lunedì 8 aprile 1907 - Torino - Per un monumento nazionale in Otranto. La riportiamo integralmente:
"In nessuno dei testi di storia e geografia, diffusi per le Scuole elementari e secondarie del Regno, si trova menzione dell'eroica resistenza opposta da Otranto alla formidabile armata di Maometto II, nè del martirio fortemente, santamente incontrato dai suoi abitanti, anzichè aver salva la vita calpestando la croce e cingendo il turbante.
Gloriose certamente furono Asti, Tortona, Alessandria, Ancona, Milano e tutti li altri comuni italiani che combatterono contro l'imperatore Barbarossa, ma gloriosissima deve essere considerata quella città che, subendo tutta la rabbia del feroce nemico del nome di Cristo, fu causa che ne restasse preservata molta parte d'Italia. Si decantano gloriose le cinque giornate di Milano nel marzo 1848 e le dodici giornate di Brescia nel 49 contro i Tedeschi: or perchè non almeno altrettanto gloriose riconoscere le quindici giornate di Otranto del 1480?
In Brescia e Milano furono eretti monumenti ai caduti per la patria perchè non ne sorgerebbe uno in Otranto in onore dei mille e mille caduti pugnando per la Patria e per la Religione? Perchè dimenticato è ancora il debito di gratitudine che ha l'Italia verso di loro?
Ma ecco finalmente giunto il tempo opportuno. Un nobile grido è partito dalla forte Otranto, un fervido appello al sentimento di Patria e religione degli Italiani vien rivolto da un Comitato ivi costituito da egregi personaggi, sotto la presidenza dell'Ecc.mo Arcivescovo Mons. Gaetano Caporali e dall'Il.mo signor Sindaco Tommaso Villani.
Scopo del Comitato è raccogliere da ogni parte oblazioni per innalzare un monumento nazionale sopra il colle che fu intriso del sangue di ottocento martiri cittadini (omissis).
Maometto II che fu in Santa Sofia di Costantinopoli aveva spinto superbamente il cavallo, che poi avrebbe mangiato la biada, com'egli diceva, sull'altare di San Pietro a Roma, ordinò ad Acomat d'assalire le coste d'Italia con una flotta di 90 galere portanti 18mila guerrieri.
Una tempesta voltò l'armata turchesca da Brindisi a Otranto, nelle cui acque comparve il 28 luglio del 1480. Dato fondo nel porto e nella rada, dove mancavano artiglierie per impedire lo sbarco, i Turchi si attendarono presso le mura. [continua...]
L'Ammiraglio Acomat mandò tosto ad intimare ai cittadini d'aprirgli le porte della città, giacchè veniva a prenderne possesso a nome del suo signore. Essi risposero non voler altro Re che quello dato loro da Dio.
Sdegnato Acomat fece subito disporre le artiglierie pel bombardamento che durò fino all'11 agosto, giorno in cui i turchi irruppero nella città menando orribile carneficina di uomini, donne e fanciulli.
Il giorno 12 Acomat fece cessare la strage e ordinò che tutti i prigionieri gli fossero condotti innanzi. Erano ottocento. Allora chiamato un ulema che era (orribile a dirsi), un prete rinnegato, calabrese di patria e Giovanni di nome, ordinava che cercasse ogni argomento per indurre i prigionieri a farsi Maomettani. Ma a nulla valsero le lusinghe, nè le minacce dell'apostata. Viva Gesù, Viva Maria, fu il grido del principale fra i cittadini, Antonio Primaldo, grido da tutti ripetuto.
Sperando tuttavia indurli alle sue voglie, Acomat indugiò l'esecuzione capitale fino al 14. Ma i fervorosi cristiani di Otranto, invocata la Santissima Vergine, di cui era la vigilia dell'Assunzione, stettero saldi a confessare la fede di Gesù Cristo.
Allora per ordine di Acomat questi invitti confessori furono condotti sulla spianata della collina, e spogliati nudi, con un capestro al collo, aggiogati a coppie, con le braccia legate dietro la schiena, in tanti drappelli di cinquanta, vennero spinti al monte della Minerva, che poi fu detto Monte dei Martiri, percè ivi furono tutti decollati dalle mussulmane scimitarre.
Lo spettacolo dell'imperterrito coraggio dei martiri commosse uno de' carnefici, detto Berlabei, il quale illuminato dalla divina grazia si dichiarò cristiano, e fu a sua volta condannato e subì l'orrendo supplizio del palo.
I corpi de' Martiri d' Otranto restarono insepolti, ma Iddio li serbò incorrotti e tali li trovava il Duca Alfonso d'Aragona quando col conte d'Arena si accinse a liberare la città. Dopo essersi inginocchiato su quella collina intrisa del sangue dei martiri, diè ordine che, raccolti i loro corpi, venissero sepolti in una chiesa alle falde della collina, chiesa detta allora del Fonte della Minerva.
Nell'anno 1482 veniva edificata nella cattedrale un'apposita cappella, dove i Martiri vennero trasferiti e la cappella fu detta dei Santi Martiri d'Otranto, e qui cominciò il loro culto religioso.
Ecco l'appello del Comitato per la Erezione di un Monumento Nazionale in onore dei cittadini e Martiri di Otranto sul colle della Minerva, detto anche dei Martiri.
Là appunto i sottoscritti vogliono spargere i fiori dell'affetto e della gratitudine d'Italia e di tutte le nazioni, erigendovi - mercè l'opera dell'illustre artista commendatore Antonio Bortone - un grandioso monumento; il quale di fronte a' picchi nevosi del mondo mussulmano, biancheggianti sull'opposta sponda dell'Adriatico, si aderga, quale vera, solenne, imperitura affermazione di fede e di patriottismo.
V.S. si degni di venire in loro aiuto nel compimento di detta opera altamente patriottica e civile; e così farà anche Lei opera di carità e di civiltà.
Otranto, marzo 1907 = Comitato esecutivo = Presidente Gaetano Caporali, Arcivescovo di Otranto - Tommaso Villani, Sindaco - Giuseppe Milo, assessore - Domenico Papaleo, assessore - Canonico Salvatore Massaro - Canonico Francesco Maiorano - Sacerdote Fedele Pisino - Sacerdote Cesare Panareo - Sacerdote Umberto Pedone."
Nella foto che segue, il progetto originario del Monumento di Antonio Bortone, successivamente modificato.

Il recente restauro ha dato nuova vita al monumento



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