L'ipogeo di Torre Pinta
Articolo a cura di Angelo Monteduro
Anche qui si può respirare la stessa "aria di avventura" tipica di una visita ad Angkor Wat, in Cambogia, o ai Templi Maya, nello Yucatan. Anche qui è possibile sentirsi un po' Henry Walton Jones, Jr., alias Indiana Jones, e immaginare, almeno per un attimo, di vestire i panni di esploratori di luoghi arcaici, ricoperti di liane e radici.
La sensazione di trovarsi in un luogo riconquistato dalla natura, caduto nell'oblio e restituito allo sguardo dell'uomo solo in tempi recenti si percepisce nettamente visitando l'Ipogeo di Torre Pinta, una struttura scavata nel banco di calcarenite che delimita la valle delle memorie.
L'ipogeo (dal greco hypógheios parola composta da "sotto" e "terra") è una cavità artificiale realizzata dall'uomo e riscoperta nel 1967 dall'architetto Antonio Susini. L'ipogeo prende il nome da "Torre Pinta" la torre colombaia che lo sovrasta, risalente al diciassettesimo secolo.
Prima di tutto si resta impressionati dall'impattante unicità delle caratteristiche architettoniche.
La struttura è imponente ma, com'è facile intuire trattandosi di un sotterraneo, ben nascosta e dissimulata da un piccolo ingresso. Varcandolo ci si trova davanti ad un corridoio lungo 33 metri e caratterizzato dalla presenza di numerosissime nicchie e di un gradino che corre lungo i due lati. Sulla destra, a poca distanza dall'ingresso, si apre una piccola camera dotata di un foro che comunica con l'esterno. Addentrandosi, alla fine del corridoio, si apre un thòlos con un transetto di 11 metri e tre absidi semicircolari, disposte a formare una croce latina di proporzioni perfette.
L'incrocio dei bracci della croce è leggermente sollevato dal piano originario, a causa del materiale derivante depositatosi dopo il crollo della cupola. Sollevando lo sguardo si intravede, tra la fitta vegetazione, l'interno della torre colombaia che si erge in corrispondenza del thòlos.
Esplorato con lo sguardo questo luogo unico nel suo genere le domande iniziano ad affastellarsi nella mente del visitatore. Chi lo ha realizzato? Quando? Per quali scopi? A cosa servivano le centinaia di nicchie presenti? Hanno un senso le proporzioni a croce latina rispettate con estrema precisione? Quali sono stati gli usi di questo luogo? Quali le modifiche subite nel tempo?
A tutte queste domande, e forse è questo il motivo per cui si resta affascinati da questo luogo, non è possibile dare altrettante risposte certe.
È pressoché impossibile infatti, data l'unicità del luogo, rispondere con certezza a questi interrogativi e si procede quindi per ipotesi. L'esegesi è difficoltosa proprio per via del fatto che si tratta di un unicum a cui non possono quindi venire in soccorso ragionamenti per analogia.
Un tentativo di datazione attorno al decimo secolo a.C. può essere esperito se si considera, tenuto conto della precessione degli equinozi, l'allineamento del sole al tramonto con l'ingresso dell'ipogeo durante il solstizio d'estate. In quel momento tutto il corridoio doveva essere pervaso di una luce calda che lo percorreva per tutta la lunghezza ed a cui probabilmente era collegato un significato rituale o spirituale.
Ovviamente si tratta solo di ipotesi ed è verosimile che la struttura originale possa essere stata stravolta da rimaneggiamenti successivi. Ad esempio una riconversione del luogo per il culto in periodo paleocristiano, ipotesi plausibile proprio a causa della perfetta proporzione della croce latina.
Sarebbe anche possibile una datazione differente se si assumesse il gradino ai lati del corridoio come un sedile.
Nell'Italia meridionale infatti erano diffuse le pratiche funerarie di mummificazione in cui i defunti venivano posti in posizione seduta; pratiche del genere erano comuni fino a tempi relativamente recenti mentre l'inumazione e la tumulazione erano appannaggio delle classi più povere. Il microclima della struttura ed il costante flusso d'aria dall'ingresso all'apertura nel thòlos avrebbe favorito una naturale mummificazione. Nel caso dell'Ipogeo di Torre Pinta però non si notano tracce evidenti dei c.d. colatoi tipici dei riti di mummificazione.
Secondo altre ipotesi, ma che riconducono sempre l'Ipogeo di Torre Pinta a culti funerari, le numerosissime nicchie sarebbero state destinate a contenere piccole urne cinerarie. Quest'ultima ipotesi giustificherebbe anche la presenza della camera adiacente all'ingresso, dotata di sfiatatoio verso l'esterno, attribuendole funzione di camera crematoria. Tutte queste congetture restano senza riscontri a causa non solo dell'unicità della struttura ma anche degli assai probabili rimaneggiamenti in epoche successive, vista la natura tufacea della roccia facile da cavare senza particolari strumenti. Pesa infine l'assenza di rinvenimenti oggettuali utili a contestualizzare storicamente la nascita e i possibili usi del luogo. Non un graffito, non un affresco o altra traccia utile ad avvalorare una o l'altra ipotesi.
Si è invece più certi della funzione assunta dall'Ipogeo, dopo il crollo del thòlos e la costruzione della torre colombaia, nel XVII secolo. Le nicchie della torre colombaia sembrano riprendere il motivo quasi ipnotico dominante sulle pareti all'interno dell'ipogeo. La posizione della Torre Pinta ed il nome stesso che è inevitabile condurre alla lingua spagnola, lasciano intuire che originariamente la torre colombaia avesse caratteristiche di rilevanza militare durante il periodo borbonico con l'utilizzo di piccioni viaggiatori.
Il Salento è un territorio in cui non è raro trovare torri colombaie edificate per l'allevamento del colombo torraiolo che costituiva fonte di cibo per nobiltà e clero. Non solo, il guano prodotto veniva utilizzato nella concia delle pelli, come fertilizzante ed anche come combustibile per le classi più povere.
L'Ipogeo dovrebbe senz'altro essere una tra le tappe obbligate per chi visita Otranto ma è ancora poco noto e penalizzato forse dalla posizione defilata, nella cosiddetta "valle delle memorie", al di fuori degli itinerari turistici più battuti. Come molto del patrimonio culturale del meridione l'Ipogeo di Torre Pinta è un bene privato. Ricade infatti nel comprensorio dell'omonimo agriturismo i cui proprietari sono disponibili a consentire l'accesso ai visitatori.
L'ingresso dell'Ipogeo
Come arrivare
Occorre percorrere via Memorie fino a raggiungere l'agriturismo all'interno del quale vi è l'ipogeo. Non essendo un polo museale convenzionato e rappresentando un sito del tutto privato immerso in una proprietà privata, è necessario chiedere l'aiuto della proprietaria, la signora Giovanna, la quale sarà ben disposta ad accompagnare i turisti all'interno dell'ipogeo, fornendo loro anche dei brevi cenni storici riguardante la costruzione e gli utilizzi che l'Ipogeo di Torre Pinta ha assunto nel corso dei secoli.